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Eu-Tòpos

Categoria: libri
Pubblicato: Sabato, 10 Dicembre 2011

Apallage di riflessioni interstiziali su

EU – Tòpos


Mi disegni una parola?
La parola nominata



* di Carmen De Stasio


Il pensiero travolge la pagina scarna e avanza seguendo la sinusoide dell’onda; abbraccia, scalcia, diventa magnete che attrae a sé il presente complesso delle cose. Avvinghia le essenze e le fagocita, annullando vincoli, dilaniando la corteccia incancrenita che ricopre le circostanze e diviene azione.
Nel calpestare il terreno di indagine, Francesco Pasca dipana un groviglio in una dimensione olistico-immaginativa-reale e metabolizza ambienti e camminamenti storici per tracciare un nuovo percorso impregnato di mutevoli percezioni, per scivolare nell’ombelico della circostanza e tradurla in una dimensione senza dimensione. In rete priva di nodi. In spire di passati eventi che avviluppano il presente.
Nel dettaglio delle cose l’orma incisa dal passo si ferma in un infinito secondo per concedere al pensiero di respirare. La meditazione e la consapevolezza del fare si propongono come creazione originale di un movimento che congiunge la mente, il cuore = sentire, l’anima e il sogno dell’attesa-aspettativa e della proiezione dei propri messaggi in percezione e proiezione.
Una vicenda circostanziale è il luogo strutturale della narrazione, che si compone di una moltitudine di frammenti sparsi e rintracciabili solo da una mente acuta e attenta ad assimilare gli spazi calpestati. Il tracciato è la scoperta di un male che non disturba subito la fisicità in senso stretto, che deturpa le ricchezze dell’individuo assetato di circoscrivere nel suo scrigno ciò che rappresenta la continuità. Inanella una conversazione con gli spazi e gli ambienti presenti e passati adagiandoli su una tela che si rappresenta come danza cerebrale, una metacoria in cui il lungometraggio esistenziale e vitale si frantuma in a una serie di momenti focali da detenere per contrastare la dispersione della capacità cerebrale che il morbo di Alzheimer provoca inesorabilmente. Se la memoria fallisce, il passato si dissolve, i ricordi si dilaniano, la nostalgia irrompe e la rabbia-tristitia raggiunge la sua vittoria. Il grido si eleva ed è un grido non per cercare la libertà, ma per sapere cosa sia quel luogo di libertà per evitare lo stordimento della disperazione.

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Il Gesto e Giano

Categoria: libri
Pubblicato: Venerdì, 11 Novembre 2011

Il Gesto

Giano - idea di fili senza spessore

il segno [È]:
comune (koinôs);
proprio (idíôs).
Comune è quando sembra rivelare qualche cosa. In questo caso è anche
ciò che serve a richiamare alla memoria la cosa osservata.
Proprio è quando è indicativo di una possibile cosa avvolta nell’oscurità.
In questo caso è codice e ne indica la memoria nascosta.


Di chi è l’abito?, del sarto o di chi lo indossa?, di chi è l’abito?, del
sarto o di chi lo scuce?

 

Nota di Mauro Marino

Nel labirinto

Francesco Pasca è prolifico artefice di pensiero.

 

Preso dalla necessità, dall’urgenza del cono­scere, l’uomo (quando vien bene) si fa esplo­ratore, tra/versa, indaga e, con la luce della curiosità, vede di poter vedere avanti, lì dove pare nella piega non ci sia null’altro. Egli è così! Francesco non s’arrende e vola al­cune volte, s’alza, per allargare la visione e il canto e poi, in planata, ridiscende, s’avvicina. La scrittura a far l’ordito... la pista d’atterraggio dove poter con-fondere il sentire e il desiderio! Questo ci mostra il Gesto – Giano l’idea di fili senza spessore, “raccolta” che stratifica ti­toli, intreccia lettere e significanze, che chia­ma alla sintonia con un ritmo scritturale per molti versi unico. Divagante, irto di spunti...  Fieramente trasversale, è la Conoscenza dell’autore, come le pratiche artistiche che lo riguardano, misteriche nel tessere, nel cucire tracciati segnici!

Ecco, il segno-seme è la cosa che lo riguar­da con tutte le eventuali germinazioni... Tutte, nessuna esclusa, dalla più “oscu­ra” (almeno ai più e io tra loro) numerologia, all’efficacia di un verso. Tutte... che poi lui, “giardiniere” e curatore di senso, pensa all’in­nesto, a rinnovare i tagli, a nutrirli di impasti e di nomi. Altri nomi, quelli tenuti nelle pieghe, al riparo dei clamori che frastornano i più! Lui “singlossa”, significa, comprime, im­bratta e con leziosità risolve. Poi di colpo strappa, traduce e tradisce, fugge e si ferma, è avanti, ma avanti-avanti e poi di colpo indietro sino all’indietro più remoto, natura di stella, di sole, di pietra... Natura e basta col gusto del tradire che è custodire, nell’abbaglio, l’intuire, il sentire, il presagire. Pasca pare così “regale” che non è dono di qua! È Pasqua, pasqualità... trovare! Sta a voi, lettori, nel labirinto, trovar le tracce.

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Acrostico

Categoria: libri
Pubblicato: Lunedì, 07 Marzo 2011

L’acrostico e - (è) l’armonia nascosta

da un nome e da numero.

di Francesco Pasca

 

“Non ci servono che due vasi: il primo é chiamato il vaso dell’arte ed il secondo il vaso della natura.  Il vaso dell’arte è l’uovo filosofico che è fatto con uno vetro purissimo di forma ovale...” (Huginus à Barmâ, Il Regno di Saturno Trasformato in Età dell'Oro)

Le ragioni di questo mio nuovo cimento è dovuto nell’essermi ritrovato con uno “strano” Colophon, che non aveva ragione d’essere poi così strano. L’apparenza primaria da sempre inganna. Il testo stesso, nella sua rigorosa logica esecutiva lo ha lasciato supporre. Si è abilmente sotteso e nascosto all’inganno.

Come nel famoso Acrostico ermetico del V.I.T.R.I.O.L. «Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem - Visita le viscere della terra, rettificando troverai la pietra occulta», così, con altrettanto invito si è disegnato il calligramma di quel cerchio, l’ultima pagina. Da qui l’inizio del mio percorso nel segno dei segni.

Letto e riletto attentamente è così che inizia. Da qui è l’inizio. Sono le radici dell’Albero della Vita che divengono il “trio vile” che unisce l’indissolubile, il divino con la “banalissima” terra e si fa fertile.

L’olio acido usato ed abusato per far lucida la saggezza degli illuminanti si è versato. Raccoglierlo è l’impossibilità di possederlo nuovamente integro. Come non amarlo e non conoscerlo per poi andare a produrlo, mescolarlo ad altri fertilizzanti per la mente, per l’utilizzazione di un acido solforico che non sia offesa. Il Vitriolo-Vetrolio nome assegnato ai solfati è nome di “olio”. Il suo nome deriva dal latino vitrum, “vetro”, per un’apparenza vetrosa ed (È) anche  “oleoso”, visto che, in vitrioleum, c’è vitri ed oleum, “olio di vetro”. Secondo Eugène Léon Canseliet (1899–1982) l’alchimista francese autore di un testo molto importante per chi s’addentra nei meandri dell’Alchimia-Magia e che fu discepolo di Fulcanelli, autore de “Il Mistero delle Cattedrali” con la prefazione illustrata  da Juliene Champagne e pubblicato in 300 esemplari nel 1926, il vitriolo sarebbe il vaso dei filosofi, il vaso della natura. Ed ancora, per chi ama la sua descrizione visiva è sufficiente vedere l’incisione tratta da Heinrich Madathanus, Aureum Saeculum Redivivum, 1618, e, tra le altre cose è reso evidente l’uso araldico delle forme e dei colori. Il triangolo dell’acqua è punteggiato ad indicare l’oro, il triangolo del fuoco è tratteggiato da segni orizzontali, e, come vuole l’araldica, è indicato con l’azzurro.Araldica, ermetismo e magia sono il triangolo ritto e rovescio, è la piramide che ha base ed apice, è l’ascendere e lo sprofondare.

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