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interrumpere claustra

Categoria: arte Pubblicato: Venerdì, 16 Marzo 2018 Scritto da Super User

Il cancello ovvero il centro di una possibile avventura linguistica.

 

di Elio Ria

 

La scrittura di Francesco Pasca potrebbe configurarsi in un codice di mutazione linguistica, in cui si avviluppano ad un gene narrazioni fantastiche e irreali pregnanti però di consistente realtà, oltreché concetti nuovi di cose che riguardano l’uomo e il mondo.

Non è oltremodo facile catalogarlo, sistemarlo in un genere letterario ben definito, prevarica ogni confine, va oltre la geometria dell’ordine, quasi impossibile contraddirlo stante l’innocenza della sua resilienza al sogno, che in alcuni casi lo condivide e fa suo, in altri lo denuda con la forza della ragione fintantoché non lo neutralizza delle parti fantastiche e lo concretizza con precisione concettuale in un’altra memoria visiva.

 

Tra l’altro intarsia, cesella, aggiusta e sovrasta cose e fatti di altri tempi nell’attualità della sua scrittura paragonabile ad un fiume che si gonfia di altre acque sorgive per formare a sé un oceano di acqua chiara in abissi di indagine psicologica. Spietato nelle sue analisi, magnificamente deduttivo nelle sue risoluzioni, un esempio:

Il non essere stato, nel dapprima, in grado di insufflare l’aria che normalmente si respira fu la conseguenza di un incominciare a non respirare.

Avrebbe potuto dire semplicemente ‘non respiravo’, invece no, la condizione del ‘non essere stato’ richiede una rappresentazione scritturale consequenziale che ne giustifichi un’altra, un rimando concettuale a un pensiero cosciente per preannunciare una risoluzione, difatti scrive:

Ma la fame divenne d’aria e fu il suo controllo, il bisogno di un pensiero cosciente divenne l’altrettanto sprofondare nell’attivarsi chimico, nel respiro profondo da soffiare nel proprio corpo e col predisporsi a sequela di archi la cui unica via di fuga era passare per il centro e con l’attivazione di sostanze attivatesi spontaneamente e sino a quel momento assenti.

Il paradosso diventa a sua volta effetto benefico e di controllo, ma soprattutto bisogno di un pensiero che in un’ipotetica reazione chimica catalizzi una soluzione ottimale, nel caso specifico passare per il centro.

In verità, la sua scrittura è una reazione a catena di sostanze radioattive che colpiscono altre sostanze (pensieri) e riproducono percorsi alternativi, percezioni, sensazioni, nuove verità in linea con il suo modo strabiliante di ‘vedere e pensare le cose’, in luoghi dai confini illimitati in cui si potrebbe iniziare a serrare l’attacco per l’idea, generalmente, associata a vertigine e stordimento, ma che in molte occasioni è luce sorprendente di verità.

Tutto ciò mi è parso di ‘leggere’ nel suo libro Il cancello ovvero: Ed(essa) è altrove, edito da I Quaderni del Bardo, dove in un paese dell’estremo Salento, finibusterrae, si delinea una storia nella storia, che prende avvio da Barbarano (tappa importante per i pellegrini che in passato si recavano a Santa Maria di Leuca). Qui, in questo luogo di silenzio, di preghiera, di penitenza e misericordia, vi è la chiesa rinascimentale preceduta da un pronao a grandi arcate addossato alla facciata con al centro un cancello di ferro. Su una lastra di pietra sono incise le 10 P col significato: parole poco pensate portano pena perciò prima pensare poi parlare. Pasca reinventa le 10 P in pii pellegrini passano porte peccano poi per paura promettono pregano, costruendo su di esse rispettivi capitoli di narrazione.

Non è una storia vera e propria, un racconto oppure un romanzo, semmai assume le caratteristiche di un saggio che nella sua esplicazione adopera ciò che è davvero sacro a Pasca, vale a dire la videoscrittura, che tratteggia e compone immagini con il pennello delle parole. Non solo. Sono disegnate e sviluppate le paure, le ansie, le discordie, la volontà di delimitare le avversità e le congetture. In fondo, quel cancello posto al centro del pronao, cos’è se non la definitiva accettazione di un passaggio obbligato verso un altrove, qualcosa di indefinito che fa bene alla mente, in cui sostare può significare avere preso coscienza di ciò che si è e che si potrebbe essere. Tutto ciò avviene con una nuova sintassi, ricercata nella fantasia, sviluppata poi in scrittura (poesia e prosa) in libertà d’uso del linguaggio, in perfetta sintonia con l’indicibile che inspiegabilmente si esprime ed offre qualcosa di più facile comprensione. La scrittura in tal modo si rivela architettura di sintassi che stupisce e dà nuovi strumenti per arricchirsi di significati, di immagini nuove che si dilatano in altri luoghi delle parole per essere la mera interpretazione del vero.

Il libro è un rimando ad altri libri, ad altri pensieri, ad altre leggende, ad altri luoghi. Costruito con la tecnica inusuale di dare immagine alla fantasia, estorcendola dalle grinfie della ragione in forma di distillato di parole che non hanno sinonimi e contrari, parole giustappunto nate in un principio di lingua.

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