Parole Sparse

Categoria: libri Pubblicato: Martedì, 18 Agosto 2009

 

FRANCESCO PASCA

Parole sparse

il piccolo principe acrilico Massimo Pasca

 

 

 

Se i pensieri affollano la mente

è utile…

Biblioteca Comunale S. Pietro in Lama - presentazione - "Parole sparse"

29/12/2005

relatori - avv. Loris Fortunato (Sindaco) , proff. Maurizio Nocera , Carlo Stasi (critici letterari)

INDICE

 

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Il tempo dell'anima di (Giorgio Barba)

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Cielo di Marzo

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BardiSole acrilico Massimo Pasca

AvvertenzA

Parola: significato di armonia, che giunge a noi elementare e primitiva e che assume immagini, incanti e terrori ,e, nostalgicamente, si ritrova di inesauribile fecondità.

(parole sparse) prendono spunto da narrazioni fantastiche trascorse tra dolore e gioia, ispirate e scoperte dall’uomo appena nato alla Vita e al Sole.

La raccolta è un racconto o riflessione-gioco di fatti il cui intento è semplicemente quello di scrivere, come in una lettera, al mondo poetico di tutti.

Inizia con “ conosci qualcuno…?”, quasi a volere indagare e coinvolgere, per poi ritrovarsi nel medesimo inizio e fine.

E’ questo il gioco; e ,come tale, si rivela fragile e caduco e si lascia trascorre via via come il tempo.

(Francesco Pasca)

 

 

Il tempo - disegno su carta - Massimo Pasca


 

 

 

Il tempo dell’anima (Giorgio Barba)



Chi non ha letto il "Piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupéry senza rimanere affascinato dalla semplicità con cui viene descritto il mondo esterno, visto e gustato attraverso la purezza dell'anima, rafforzata dalle esperienze esistenziali. "Ed eccoti in marcia per il tuo paese lontano, al di là delle sabbie e benedetto dalle acque, risalendo le distese fra un pozzo e il seguente come gradini di una scalinata... e insieme a dei muscoli ti si struttura un'anima". Sì, proprio quell'anima capace di cogliere ogni piccolo singulto della vita e che sa discernere tra valori umani e il caos dei sentimenti disumani che affollano la quotidianità. Non è facile, da adulto, svegliarsi e scorgere se stessi già cresciuti, ma pronti a carpire all'universo quel "nulla d'inesauribile segreto" che giace in noi, sepolto da qualche parte e sul punto di affiorare carico di significati nuovi. Così l'occasione di scrivere a Natale, scrivere per ritrovarsi fanciullo a sbocconcellare un frutto golosamente, è un percorso a ritroso nel tempo per Francesco Pasca, che nel prosimetro "Il piccolo principe", sulle orme dell'aviatore francese, cerca il bandolo della matassa nell'intrico dei suoi pensieri. Non è facile seguire il filo di Arianna nel labirinto dei nostri giorni. I labirinti non sono più lineari, ma quadridimensionali e svoltare sempre in una direzione può condurre a intersezioni e sovrapposizioni spazio-temporali. L'itinerario poetico di Francesco Pasca si intreccia con quello pittorico e le architetture dechirichiane dei suoi quadri ben presto sfociano in squarci geometrici che si aprono su girasoli o su frutti invitanti. E' in questo modo che Pasca si vede nel passato a cogliere i momenti più intensi della sua esistenza, nella vita familiare e nel lavoro. Così egli scrive del vento nel vento e per il vento pronto a lasciare che parole o sillabe, come quelle della sibilla, si ricompongano e indichino un responso che all'alba si rivela effimero e fugace.

Pasca predilige il verso breve, le parole lanciate sulla pagina come dadi a formare metafore insolite e ardite, pregne di significati che il tempo stesso varia e scolpisce su "pagine con segni minuti/ trovate nel nulla", come "speranze passate/trovate sospese". Così al tempo che viene scandito dagli eventi Pasca contrappone l'attesa, cioè il tempo dell'anima, che trasforma i desideri in ricordi, il presente in futuro, le speranze in presente.

Lecce 12.11.2005

1980

Sistema Bibliotecario Urbano (Biblioteca Circoscrizionale S. Tommaso) Bergamo

da Intergruppo-singlossie di Ignazio Apolloni (Palermo)


 

PAROLE SPARSE (Carlo Stasi)

 

Che l’arte non avesse confini lo hanno sostenuto personaggi illustri come Orazio che, nella sua Ars Poetica, sosteneva che “la poesia è come la pittura” (”ut pictura poesis“), poi ribaltato dal pittore francese Nicholas Poussin in “ut poesis pictura “ (“la pittura è come la poesia”). Sulla stessa lunghezza d’onda erano il poeta greco Simonide di Ceo (“La pittura è poesia muta e la poesia è pittura parlante”), ed il pittore Leonardo da Vinci (“La pittura è una poesia muta e la poesia è una pittura cieca”). Nella mia ultraventennale ricerca estetica nel campo della cosiddetta “poesia visiva” era inevitabile incontrare un artista come Francesco Pasca.

Pasca è un pittore che ha alle spalle una lunga carriera di pittura collegata alla scrittura perché, in quanto membro del movimento detto “Singlossìa” (ovvero la fusione di linguaggi eterogenei), fondato da Rossana Apicella, con il quale il nostro è entrato in contatto durante gli anni di docenza a Brescia che lo hanno portato a mostre di poesia visiva in tutta Italia insieme ad autori del calibro di Eugenio Miccini. Ora Francesco, in arte Skòpas, mi mette davanti un libro di poesie, o meglio, come umilmente dice, di “parole sparse” senza alcuna pretesa di fare concorrenza ai “veri” poeti (chi siano i “veri” poeti, poi, nessuno lo sa); ma, come dice un’opera di Miccini del 1975 raffigurante una ballerina circondata dal testo inglese “poetry gets into life”, la poesia entra nella vita, e lo fa senza bussare né chiedere permesso, viene e basta, e ti prende, e, a volte, ti lascia.

L’idea di dare corpo ad una raccolta di poesie (o, per far contento Francesco, “parole sparse”) si deve proprio alla stagione poetico-artistica degli anni ’80, all’incontro con la Singlossia.

“… Come un veleggiare – scriveva allora Rossana Apicella - sui vascelli che “per incantamento” ci portano verso i lidi di una dolce follia in cui la Vita e la Morte danzano con tenera assurdità… Eros e thanatos si abbracciano in un incontro smemorato, e i “piccoli re” risorgono dal subconscio con il loro pianto-riso di tenerissima angoscia… Scatole magiche, dipinte, istoriate, epigrafate, dentro e fuori, come sepolcri di “re bambini” che vogliono rileggere la propria fiaba anche nell’aldilà…”.

Ed ecco lo spunto, divenuto poi racconto e riflessione, la rilettura del Piccolo Principe di Saint Exupéry, e l’intento di scrivere come una lettera al mondo poetico dei piccoli principi grandi principianti.

Le parole sparse di Francesco sono accompagnate da immagini sue e del figlio Massimo, grafico e scenografo. Le immagini di Massimo Pasca, figlio d’arte, sono disegni dove una filigrana brulicante di persone ed oggetti si intersecano ossessivamente e si fondono in un inquietante onirico deformante alla Bosch o alla Jacovitti (si pensi all’immagine della morte che ha un volto di donna e seni promettenti ed il cuore sul petto, aperto come labbra di vagina tra gambe scheletriche aperte anch’esse, e piedi a forma di forcone, forse per punire ogni maschile tentazione).

Ma torniamo a Francesco. Prima che del poeta (o aspirante tale) dovrei parlare del pittore (perché è soprattutto la sua pittura che conosco a fondo), e così rapportare la sua pittura alla poesia, per coglierne l’affinità elettiva, la rispondenza tra le due arti, tanto simili e tanto diverse.

La pittura di Pasca è materica ed architettonica, prospettica, chiaroscurale, ma anche surreale, d’altronde i conci delle colonne sembrano ingranaggi staccatisi da macchinari, gli archi sospesi. Sono ora le sue stesse parole a commentare quasi le sue immagini:

“Archi sottili

volte di cielo

come fondali

di Spiagge sognate.” (da “occhi”)

Architetture che hanno prospettive escheriane con inserti di scorci paesaggistici, citazioni testuali, barocchi ricami di pietra, festoni ricolmi di frutta, girasoli e colori violenti, netti come strappi o tagli di luce. Ma è anche pittura antiarchitettonica (di “boschi pietrificati”) con smembramenti di pilastri e volte (“archi di tempi”) sospesi nel vuoto che reggono il vuoto:

“Profondo è

Il cielo, incurvato,

smarrito.” (da “E, Non solo ad Agosto”).

Alla geometria si contrappone l’inserto decorativo, il capitello più elaborato (quello corinzio), o la cornucopia, o inserti paesaggistici con scorci dove piante traboccano come sentimenti contorti fuori dalla rigida struttura formale; ed ancora città giottesche e grottesche, e testi (“parole udite e criptate”, “parole scritte da donne su foglie hanno significati più lunghi di silenzi sillabati”) come francobolli, targhe, segnali stradali, messaggi fuori bottiglia in spazi co-stretti profanati, per esempio, da bici invadenti.

“E’ segno d’arco,

ammiccato,

spazio di mente

colmato,

approdo fiorito. “ (da “sestante”)

Come nel romanzo di St, Exupéry (al quale si ispira Pasca), col suo linguaggio semplice e sapientemente infantile, in Pasca la poesia ha un linguaggio scarno, essenziale, franto, frenato da una interpunzione quasi ossessiva, rigorosa che crea un ritmo sincopato fatto di pause secche e improvvise ripartenze, con intervalli di meditazioni in prosa.

Pasca, novello piccolo principe “continua a servirsi di colori” ma anche “di suoni, di passi come ballate” per la sua ricerca artistica, e perviene ad un’opera di singlossia in cui, ancora una volta, avviene la fusione tra immagine e testo.

Il grande “piccolo principe” ha colpito ancora!

Lecce 6.11.2005

 

Francesco Pasca -acrilico- fuori le mura


Conosci qualcuno che ha forse… scritto a Natale ?

 

Io lo Conosco; ha riscritto ancora oggi perché sente il sapore di frutto appena raccolto, presentato e gustato da occhi fatti grandi dietro a spesse lenti. Ho veduto il suo stupore mentre immaginava il sapore.

Io l’ho veduto accostarsi furtivo a quella abbondante natura; l’ho veduto sbocconcellarla e a gustarne le diversità ; l’ho veduto ed è sembrato come un'immagine appena colta e rubata.

E’ stata fervida fantasia di bambino goloso?

Oggi conosco quel piccolo principe goloso, ha continuato a suggere da quella natura o a scrivere come parlarsi addosso, a scolarsi di quel succo di volta in volta acre o scorrevole e dolce come rima baciata.

Ha continuato a convincere che i luoghi, le storie, le fantasie e le mancate promesse possano continuare ad esistere. Furtivamente, continua ad essere e fantasticamente, ad impossessarsi di canestri di frutta gustosa.

Io l’ho veduto svegliarsi e non accorgersi che, a volte, nel sogno, il risveglio è già adulto e non c’è tempo per crescere.

Finalmente, ho Sentito, malinconia nel suo scritto, e sento parole zoppe mescolate ad improvvisi silenzi; sono rumori di pietre stropicciate e rigate dove appaiono colori di gesso umido come nubi autunnali. Forse ne ho ravvisato un lento ma inesorabile distacco.

Racconta di sé: “Conosco un bugiardo che da sempre non seppe essere al momento giusto nel posto giusto, finito nel ventre di un pesce…., non so bene se da lì cominciò o finì la sua storia.”

 

 

 

Singlossia per egoestetico serigrafia Francesco Pasca

La quinta volta di cinque

 

Era il nuovo,

la prima volta di cinque;

nuovo era il secolo,

la classe e i docenti.

Era nuovo

l’interesse segnato

su volti ansiosi,

ora

smarriti,

ora

curiosi.

Oggi E’,

la quinta volta di cinque

e sono volti felici

di anni passati,

di interessi acquisiti,

cercati.

Oggi E’,

nuovo lo spazio,

fra ieri e domani.

 

 

 

Francesco Pasca –acrilico- paesaggio - le Conchiglie (Gallipoli)

 

se fosse ieri...

 

 

Ho atteso

giornate di sole.

Ho atteso

paesaggi arrossati,

disegnati,

ricchi di mille colori.

Ho atteso

nuvole di gesso annacquato,

cariche di attese e di sete.

Ho atteso

parole da mescolare alle tue.

Ho atteso

desideri insperati.

Ho atteso!

 

Forse, domani ?

 

 

Francesco Pasca - acrilico Venezia

era forse Venezia?

 

 

Venezia era chiara

era il mare

le calli e i caffé.

Era donna danzante

era gli occhi di pastelli e di mare

era il sole.

Era Giugno e bruciava

era riverberi e brezza

era sguardo diverso.

Era desiderio di sogno

era riverbero di agili membra

era capriccio di vento.

Era quieta attesa dell'alba

era gabbiano dal volo nervoso

era chiaro cielo di sole.

 

Non era triste Venezia.

 

Parla di un luogo, immaginario o reale che fosse, incrociato da diversi dialetti, da parole udite e criptate, da “verità bugiarde” o nascoste.

Parla di un luogo…il cui centro è l’unico di tanti cerchi, asservirti e funzionali, tutti diversi ma uniti da un unico scopo, essere e convincere. Racconta di un luogo dove si ascolta leggendo, dove parole scritte da donne su foglie hanno significati più lunghi di silenzi sillabati .

Racconta dei suoi, sillabati silenzi: ” …Li ho montati, costruiti nella mia mente come versi di un rosario infinito, dolce, struggente, convincente e diverso. Abile come segno tracciato da mani pazienti, li ho versati su panni piegati, prontamente nascosti, salvati…”

Descrive un sogno sparso nel labirinto della sua memoria: ” …ho veduto isole emergere e scomparire con rumore di magie assordanti, ulivi come naufraghi approdare in lidi colmi di barche rovesciate, gabbiani smarriti come aquiloni di bambini sorpresi, viuzze di borghi antichi deserti d’anime ma affollati di cumuli di fango e urla di dolore; ho veduto, immagine sfocata di vergine sgomenta…”

 

Ascolta, cerca ed attende nuove e più gradevoli fiabe come parole mature di fitte spighe di Giugno.

E scrive del vento…

 

 

La mia la tua mano

non può fermare il vento,

si lascia passare,

e racconta...

fra segreti di corpi

trascina...

Che il vento raccolga...

antiche sorgenti,

veleni immortali.

Ma, lasciamo che frughi,

si sparga,riprenda,

si affacci.

 

Che al gioco svanisca,


distrugga se stesso.

Ma, lasciamo che frughi.

Il vento è tiranno

del tempo,

bagliore di un nulla.

Che voli,

che spunti,

che frughi.

che lasci

pudore e sapore.

 

Lasciamo che frughi.

 

 

 

Oggi, domani o per sempre, sente che i sapori non si possono più nascondere tra le proprie o altrui mani o scriverli sulle foglie; il vento fiuta le presenze e le incalza, ne rivela il loro essere e fa sentire la sua vittoria.

Il Vento lo lascia nudo da Re, ma nudo.

Le “sue” donne, i suoi figli, gli amici quanto hanno potuto modificare il suo stato?

Forse, ha scelto di continuare a mentire, giocare, trovare, nascondersi, a suo modo amare ed essere; forse scriverà ancora lettere a Natale.

Portarsi i suoi grammi di troppo è la sua linfa vitale.

Il vento lo porta lontano, e continua a scrivere sedotto dal superfluo. In viaggio dimorò a lungo in luoghi dove il tempo è simile ad acqua e anice, e scrisse con parole formate e ridotte, di acqua sollevata da onde dove la dea Ptah realizzò con gli strumenti della ragione la nuova creazione.

Parlò del loto, gioiello di delizie, simile a magnifica fanciulla di nome Padma, signora della danza, emersa da un calice ed in equilibrio fra gli elementi di un'unione sessuale di fiore. Ed un giorno, all'alba...

alba

 

 

Ho seguito,

cercato

fianchi generosi,

anfora romana

colma di semènza,

seno di nutrice

paziente,

moneta preziosa.


Ho sparso

segnali,

impronte segnate.

Ho perso

le mie tracce;

non ho,

all'alba,

più ritrovato le sue.

 

 

Massimo Pasca –acrilico- il sole

 

E scrive del sole, eterna sfera in anelli concentrici di terra di fuoco e di acqua, dove il corvo con tre zampe in preda ad un incantesimo esercita la sua funzione di effimero creatore.

 

 

se Il sole

 

 

sono cupi i colori,

il sole non parla

la nebbia lo avvolge

si oscura traballa


nessuno si illude

è sguardo fumoso

è maschera nuova

di latte schiumoso


il sole s'avvolge

respira affannoso

tra quinte del tempo

osserva dubbioso,


Ma supera tutto

non cavalca più nubi

è amico geloso

con molti più dubbi.

 

 

E scrive della luna, femmina eccentrica e vanitosa che è la luce passiva di divenire e mutare. Ascia bipenne pronta a colpire come metafora di sapienza.




Se la luna

 

 

è donna gabbiano

che corre a ritroso

con stridulo verso

di grido stizzoso


sono foglie avvizzite

è ciottolo roso

di pareti ingrigite

è mare dubbioso


è arriccio di croste

di ossa sepolte

ascolta in silenzio

ricordi di soste.

 

se la Luna c'è

 

 

Chi

della luna vede

solo ciò che appare,

vorrà

nel pozzo un cerchio,

forse una donna

o un lume lontano.

Chi

nella luna vede

la propria anima,

vorrà

l'intero universo

forse la sua luce

o un suo brandello.

Chi

della luna

vorrà

la fantasia più ostile

e la luna c’è,

lei,

rimarrà ferma,

lontana.

 

 

Ma Il tempo, guardiano della soglia, porta in grembo la sua sposa oltre la sua dimora coniugale spargendo sale e segnando il suo pentacolo con annuncio di minuscoli campanelli dorati e tintinnanti, e del tempo scrive...

 

 

tanti...

 

 

un anno,

due,tre...

o Tanti

è uguale


Tutti scorrono

segnano

chiamano


Tutti...


in fretta

si cercano

sommano

danzano


ed è così...


che teneri,

assurdi e

minuscoli tratti

di noi


sfuggono...


Sono attesi,

unici

sono appena uno

di Tanti.


E Tanti

Tanti

Tanti...

 


Il tempo

 

 

E vedo

i miei pensieri

e sono

lunghe file di formiche operose

schizzate dal nulla.


E vedo

il fare corsivo e nervoso

e sono

pagine con segni minuti

trovate nel nulla.


E vedo

archi di tempo

e sono

speranze passate

trovate sospese.


Visioni parziali

di soste e di mete

visioni di lente scheggiata

di speranza trascorsa

violata

 

 

 

Francesco Pasca - acrilico - Morte di un’agave



E vede, come utili punti di riferimento, le stelle, fisse ed eterne e come il tempo di difficile interpretazione.

Esse assumono particolare interesse di notte quando spariscono i raggi del sole per poi riapparire mattiniere e solerti. Dodici settori con dodici segni che subentrano via via all'apparire di una nuova fase lunare con l'incalzare dei desideri che governano l'anno.

 

E, non solo ad Agosto

 

 

Profondo è

Il cielo, incurvato,

smarrito.


E’ Tessuto

di punti cuciti,

fissati.


E’ Attesa

di segni solcati,

cercati.


Solo desiderio

di sogni, voluti.

Appagati?

 

 

 

 

Francesco e Massimo Pasca - murale – singlossia a quattro mani

Cielo di Marzo

 

 

Vedo di notte

il cielo del Sud

e all'alba

è Vergine in Giove.


Donna,

Il pensiero di te

m'avvolge

come nebbia lombarda,

come penombra

d'albero di mimosa,

come ramo

sospeso e...

ti voglio!


a Sud

l'inverno ha segnato

Orione nel cielo

con tre nitide stelle

tre diamanti filati,

adagiati.

E’ cintura

sul tuo corpo e...

ti voglio!


E' desiderio

ripetuto

tre volte.

E' desiderio

uguale e diverso

e per tre volte,

da sempre,

ho cercato e...

ti voglio!


E scruto

il cielo del Sud

ed è sempre

Gemelli in Saturno.

 

 

 

Francesco Pasca -acrilico- diversi



E si affaccia il governo dell'anno ed è inizio del terzo millennio. Tutto affiora fitto fitto con corazza di frutto ancora acerbo e quel piccolo principe goloso si affretta.

Consapevole, si interroga e dice...

Facile è leggere il cielo se trascorso da uccelli via via colorati dal bianco e dal nero. Meno facile è interpretarne il volo. Facile è cogliere e rubare parole come frutti maturi. Difficilissimo è decidere se volere o chiedere. Conosco l'unico artefice del mio destino ? ”

Ancora una volta la gerarchia dei valori visivi hanno preso il sopravvento, i pensieri che segnano l'anno non hanno più avvicendamenti. Il piccolo principe vuole disperatamente amare la sua donna e volgendosi al freddo cielo di marzo vede...

 

 

trascorsi

 

 

Uccelli migranti

veloci

filastrocche d'ali

su trascorsi battenti

di destini segnati

magari sognati


desiderio dolce

di richiesta

di pace e...

di donna.

 

 

sestante

 

 

La mia anima

appare;

m'affiora

alla mente

gorgoglia.

E' segno d'arco,

ammiccato,

spazio di mente

colmato,

approdo fiorito.

E' compasso

dai tratti

incurvati;

e sono bianche,

fresche gambe

d' oceani,

e di sole.

Infinito,

sognato,

levigato

è lo spazio,

e corrono dita

e segnano albe

e rincorrono

i tocchi

e cercano mani

e fermano

i passi.

Già

fievole nube,

ora,

è nube di sete

e il sestante

è puntato.

Si rincorrono

i passi,

saltellano i tocchi

su umide

labbra di mare.

Ora, deboli

sussulti di sete,

Ora, forti

richiami.

Ora, ancora

più forti,

risalgono sicuri,

s’ accendono,

scuotono,

come esplosivi

alti vulcani.


Ora sono galassie lontane.

Il Sestante è puntato

e...vorresti tornare.

 

 

E vede, nel tempo, creature malvagie simili a Gorgoni che con gli occhi degli altri pietrificano le sue difese, e , come in un'antica saga irlandese quattro uomini sollevano le altrui palpebre, e , come con cieca fortuna si distribuiscono i doni.

 

Francesco Pasca acrilico su tela occhi

 

E vede, infine, la sua linfa chiara che appare al pari della conoscenza e per incanto la ragione appare ai suo occhi, come...


occhi

 

 

Primavere

sospese nel tempo

come iridi di pesco

bagnate di fresca rugiada.


Ovali perfetti

segni dell'anima

come virgole dolci

al cielo rivolte.


Archi sottili

volte di cielo

come fondali

di Spiagge sognate.


Cristalli di mare

luoghi infiniti

come calde lacrime

oggi segnate.

 

 

Francesco Pasca –acrilico- egoestetico


Oggi è nella sua casa, centro vitale di uomo divenuto stanziale, orientamento cosmico, dimora fissa e permanente, punto di incontro di feste e riti comuni, monumento di alleanze. Lui stesso è la casa è donna e madre è rito sessuale, sogno ordinato, e scrive di...


Pietra rozza

 

 

È rozza la mia casa

e come roccia di cielo

consacrata a tempio

è immobile,

infissa saldamente,

e come Menhir

è ricordo

di simbolo fallico

della mia esistenza.

È Roccia di cielo

sibilo mattutino ed

estivo, caduto

da Fosforo,

soglia diurna,

voluta dalla Bilancia,

soglia notturna,

voluta dal Toro.

È dolce,

è sensuale e materna

e come piccolo benefattore

con ali di seta

costringe all'amore.

È luogo d'incontro

è logica idea di

madre e antenata.


Del nodo di Gordio

È tagliente vento del Nord.

 

 

 

Francesco Pasca –acrilico- Metropolis


a cena (in casa di amici)

 

 

Occhi golosi,

nascosti,

furtivi.

Foglie danzanti,

mani impazienti

per cibi fumanti;

ricamati ricordi,

ribollenti, scottanti.


Soste allegre

su stoffa piegata,

Amici chiassosi,

voglia

appena bagnata.


Sguardi pensosi

e affanni

lasciati,


cristalli di sale

dal mare creati.


Umori preziosi,

le ore , bandite;

ora cercate,

disposte,

scandite.


Danzano i gusti,

i ferri, incrociati,

sono segnati

da gesti

impacciati.


La tavola è vuota

ne vedo

la fine,

restano voglie...

Solo, genuine.

 

 

Massimo Pasca - disegno su carta pianto 2

 

Massimo Pasca -acrilico- pietà

 

e, come il caos cacciato dalla luce ecco ricacciare la morte nell'oscurità originaria, nei confini della conoscenza immediata dove il Principio ostile ma presente è anche Principio complementare e come per un dio tutti esultano per quanto è stato prodigo il suo tempo.

E scrive di un vestito di luce regalato dal Giudice della Verità.

Quel “piccolo principe” di cui parlo ha voluto essere buono, ha tentato di riscattare le sue angosce, continua a servirsi di colori, di suoni, di poesie come ballate in boschi pietrificati dove logica, senso e non senso sono la sua linfa vitale. Ma…

Non più

 

 

Fonti antiche

solcano;

accendono

il primo

dei pianti.

Mani tese,

cercano,

succhiano,

spremono

rosoni di miele.

Membra

indifese.

Vitali speranze,

vagiti,

sorrisi.

Son fili

esili e tesi

di ragno

ed Il cielo

li strappa.

Non più.

Son nulle

speranze,

già accese,

spezzate.

Triste

ma dolce

è il passato;

ora s‘attende

che scorra.

E Fonti Antiche

solcano;


è attesa

di ritornargli vicino.

 

 

11 settembre acrilico Massimo Pasca

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