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diversalità del non senso-verso

Categoria: arte Pubblicato: Giovedì, 01 Dicembre 2011


Sulle tracce del Diversale.

Ossia, quando il pensiero del diverso è il mio Senso - Verso.

di Francesco Pasca

 

Inizia così: Logica ed Idea sono il non Senso -Verso dell’’Universo.

(Senso e Verso sono termini ambigui, non generalizzati e non ripetibili. Chiunque scelga il proprio Senso e Verso è ormai costretto nell’andare, nell’inseguire. Ugual cosa avviene per il Senso ed il Verso se lo si vuole come Significato Finito. La mia ambiguità la esercito proprio in questo modo di essere “Senso-Verso”.)

Fra gli aforismi di Oscar Wilde viene spesso a cercarmi: «Un uomo che non ha pensieri individuali è un uomo che non pensa». Non scaccio, quando posso, da me questa “condanna”, l’affermazione di un pensiero di vita filosofico. Non la scaccio, ma, puntualmente m’affiora e mi distrae proprio dal pensare all’intimità di quel suo apparente individuale. Persino ora che ne scrivo non mi dà opportunità di dialogo per un “mio nuovo”. A fatica supero l’empasse e, come da sempre, attraverso l’illusione.

Di fatto, in quell’impossibile realtà, affermo il mio di aforisma: «Esiste sempre un tempo, così come esiste l’influenza di quel tempo e di chi si fa a sua volta influenzare dall’Uomo accanto a sé in quel tempo.» In questo modo provo a vivere in un vicinato o accanto ad un vissuto che gironzola in un me Sallentino e rivolgo la mente ai grandi salentini, rammentando: Fu così che Luis de Góngora e i surrealisti spagnoli influenzarono la poetica di Bodini e, a sua volta il barocco surrealista leccese influenzò un gran numero di poeti locali, ma di respiro europeo.
Fra questi, l’opera di Oreste Macrì, dell’amico d’infanzia di Bodini, dell’ermetico di terza generazione, nonché a me vicino per i due linguaggi, il reale e il simbolico.

Trovo i versi di Oreste Macrì documentati e datati-Montesano Salentino 1940.

«Altra notte. Veloce la pianura
ha spento le cicale. Un seme arguto
fiorisce sull'inane onda matura
dei grani gialli, e cala il gregge muto.

[…]»

In questi giorni sono ritornato lungamente a rileggere Macrì e Bodini, ne ho riassaporato il linguaggio, mi sono posto il pensiero di strappare l’impossibile dalla lettura degli illustri cittadini europei. Leggendo dell’uno mi sono nuovamente imbattuto nell’altro, e, mi è apparso evidente quel tempo, quella “Terra materna salentina", quando il Macrì ti costringe a collegare le generazioni sin qui pervenute, degli scrittori di casa tua. Ho pensato all’idea di “Terra” che inizia con il prima di sempre, quella del bolo rosso, dell’impasto dei nostri muri, dell’amalgama spuria e forzatamente legata dall’impossibile. Credo, da descrittore di suoni e colori, in un’esistenza dello scrivere però poco al riparo dalle contaminazioni. Ecco che ritorno e divago intorno allo stile semplice, ma sferzante, di Oscar Wilde, dell’ impertinente che voleva risvegliare alla riflessione e gustarne e guastarne l’irrompente non estrosità del comune quotidiano. Assumo il credere dell’andare a dibattermi fra il suo surreale e il modo di essere colore, bolo, amalgama spuria.

Mi accascio sull’idea che neanche lui credesse, poi così ciecamente, al suo aforisma. Con questa certezza mi conduco nell’inconsapevole certezza dei “rischi” che andrò correndo.  Il mio pensare non è stato come altre volte l’imbattersi in altrettanti funamboli della letteratura, non ho assaporato un Baudelaire dove se ne è appurata l’influenza di un Paul Verlaine, di un Rimbaud o di un Mallarmé, bensì la mia meraviglia del ritrovarmi con l’aforisma di sempre. Ecco che, allora, gli Autori “Diversi”, i “Diversali”, gli “Uni-Versali”, quelli da me “Alitati” e posti sul palcoscenico della “descrilettura” mi hanno reso difficile l’ascoltarli, allacciarli ad aspetti particolari del mio Simbolismo, del mio Surrealismo.

Gli ismi novecenteschi ho pensato: sono i nodi di sempre, t’accarezzano, t’avvolgono, (sono) il risultato dell’ismo ancora disatteso dove l’udito s’aggroviglia nella diversificazione dell’uguale. É difficile appurare. Essere “diversali” è, dapprima, essere uguali. Non rimane che assecondare il principio poetico, e, come lo è da sempre, ascoltare la musica delle parole. É importante per non perdere il viaggio intrapreso dal passato. Occorre accettare la descrizione della propria realtà, trovarsi in immagini indefinite le cui emozioni si concretizzano e rimbalzano nella tua mente e nelle menti dei lettori. Non so come, ma mi ritorna l’udito, lo stesso stato d’animo acceso dal descrivere. È così che costringi la tua esistenza a farsi suono lieve e forte, ad evocare i ritmi che ti gironzolano nei DNA di ciò che sei stato.

Affiora il gergo fanciullesco di memoria disneyana. Lanci il Wow!, l’ehi!, il però! – caspita! – cazzo!”

Non sei intrattenuto sulla soglia di una pura “meraviglia”, vai oltre l’immaginabile, attraversi. C’è il cambio di luogo, c’è il nuovo che attende il diversale . Le ragioni di un “ehi!”, diventano “È”, si trasformano nella certezza del più che meravigliato.

Diventano i perché che travalicano il tuo “Palesemente non evidente”. Non sei più l’ossimoro che tutto può, anche l’impossibile. Costringi il tuo stato ad essere “È”, lo stato raggiunto, il sorprendente. La meraviglia non è più solo tua, credo si trasformi. Il “Compitino” che ti sei dettato con lo “Scrivere”, nello scrivere, viaggia o sta per essere intrappolato nelle coordinate o all’interno di un ulteriore verosimile che è il vero. In questo via vai continuo nel flusso delle parole, poi, giungerà l’attesa … poi scrivi e non “spieghi”.

Perché spiegare?

Quell’«É» parla di uno svolgimento del quale nemmeno tu sei più avvezzo, l’acconsenti sia per la creduta genuinità che l’accompagna sia per l’altrettanto scrivere.

L’«È» Il Wow che esordisce ti placa. É anche l’ultimo tentativo per una bozza in cui vuoi trovare la “quadratura del cerchio”. Come in ogni geometria ci sono altre geometrie che reggono la precedente. É il frattale che si rigenera. In quanto a logica e casualità. Deve esserci anche il mistero del bello che  non ho mai avuto la sorte di conoscerlo sino in fondo e che sai di trovarsi da qualche parte, sai che non è nascosto, sai che sei tu a non vederlo.. Da qui l’addentrarsi nel “Diversale—Uguale-Universale” dove i punti e le virgole si spostano continuamente, senza sosta. L’apparente è il vero, ciò che tarda a svelarsi.

«WOW! » è la parola.

«WOW! » Potrebbe essere questa il pensiero individuale dell’aforisma diversale.

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