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Hugo Cabret

Categoria: cinema Pubblicato: Giovedì, 09 Febbraio 2012

Se il treno ci corre contro è la fantasia che ci travolge.

di Francesco Pasca


GENERE: Avventura, Fantastico
REGIA: Martin Scorsese
SCENEGGIATURA: John Logan

ATTORI:

(Hugo Cabret)Asa Butterfield, (Georges Meliès)Ben Kingsley, (Isabelle)Chloe Moretz, (controllore)Sacha Baron Cohen, (zio Claude)Ray Winstone, (Lisette)Emily Mortimer, (Sig. Labisse)Christopher Lee, (papà di Hugo)Jude Law, (Sig. Frick)Richard Griffiths, (Sig.ra Emilie)Frances de la Tour.

FOTOGRAFIA: Robert Richardson
MONTAGGIO: Thelma Schoonmaker
MUSICHE: Howard Shore
DURATA: 125 Min
FORMATO: Colore 3D

Quando gli occhi del futuro guardano dal tempo scandito da un meccanismo e il cui passato è già futuro, q uesto, fa sì che, l’inverno dei sogni non diventi ingeneroso.
Chi è Georges Meliès? Sapevate di quando il cinema si chiamava cinematografo? Sapevate del Tempo?, di un vecchio giocattolaio che può essere il “Genio” della “Lanterna Magica”?, sapevate del teatrante e dell’illusionista poi divenuto fantascienza? Sapevate che il Tempo dimentica e fa dimenticare, ma che con i suoi meccanismi può tornare al suo punto di partenza?, far rivivere?
Sapevate che nel mondo vi è chi, perennemente, fa girare questo meccanismo con il semplice gesto del girare una manovella o di una chiave a forma di cuore?
Scorsese con ingenuità poetica ci trasporta verso il secondo padre del cinema, dopo i Lumière.
Introduce Meliès con la delicatezza  del prestigiatore, della finzione dei mondi, dei "diversi dalla realtà". Lo fa salire sul treno che non s’arresta. Attraversa lo svolgersi magico di una manovella e ci riporta al vagito del linguaggio cinematografico. Diventa lui stesso effetto speciale e assume l’aspetto odierno del 3D, del nuovo trucco dell'esposizione multipla. Noi spettatori con occhiali 3D tocchiamo con mano le aragoste, ci aggiriamo nei meccanismi e nei meandri parigini così come evocati da Isabelle (siamo i novelli Jean Valjean, i nuovi Gavroche), accarezziamo e al contempo scappiamo dal cipiglio indagatore dell’ispettore di stazione e del suo cane.   
Gustiamo la trasparenza della casa del Cinema e il colore dipinto a mano direttamente sulla pellicola, com’era ai tempi di Meliès.
È così che Scorsese lo fa diventare tridimensionale. È per chi guarda trasporto onirico.
Il film prende via via spessore di magia e si intersecherà con il padre dell’animazione, quello degli effetti speciali e, ancor più, con l’animato mondo della fantasia frapposta all'inanimato mondo meccanico di un triste robot. Martin Scorsese è il Tempo, è fra sogno e realtà, e, se si è il macchinista di un treno non vi è colpa per una insolita presenza sui binari. Non sempre se ne potrà rallentare la corsa.

Se il capotreno azionerà quel freno d'emergenza, il Westinghouse potrà anche non funzionare; se il convoglio romperà i respingenti attraverserà la stazione e sfonderà quanto vi è da coinvolgere sulla sua strada, potrà persino capitombolare una diecina metri più in basso; se i vagoni si accartocceranno, il sogno potrà svanire o potrà ripetersi così come è da sempre nel quotidiano, e, nel bene come nel male, farà vittime, ma ne salverà anche delle altre.
Il Film può anche essere la Storia di un avvenimento realmente accaduto a Montparnasse con il treno n. 721.  Martin Scorsese lo sa bene, può infatti servire come metafora al suo film. Il regista lo farà, infatti, diventare epilogo di un incontro con una ragazza eccentrica(Isabelle), con una trama da lei stessa voluta e scritta poi per “La straordinaria invenzione Hugo Cabret” da Brian Selznick edito da Mondadori e poi da lui disegnata con lo sceneggiatore John Logan.
Il film è la semplicità di un quotidiano ed è, al contempo la vita complessa di un ragazzino che diventa orfano e che vive nei complicati meccanismi di una città, in tutto ciò che brulica fra percorsi di vita, nelle centinaia di persone che affastellano un luogo di incontro di arrivo e partenza, la stazione ferroviaria in immagini da cartolina animata. Tutto questo è incontrabile in una stazione parigina degli anni Trenta.
Il treno è, è stata e sarà la straordinaria metafora che conduce, condurrà al sogno dei fratelli Lumiere, alla macchina a vapore che coinvolge, travolge, spaventa e stupisce. Ai sogni può esser dato di tutto e Scorzese riesce a riannodarli attraverso il fatto determinato dalla magia di sempre, la pellicola. La celluloide di ieri, quella perforata che cela i suoi inganni per far esaltare l’immaginario.
Coi sogni si può colpire l’occhio della Luna. Si può apparire ed al contempo trasformarsi. Si può percorrere la storia del cinema con la stessa cadenza ritmica dei meccanismi di una macchina complessa come può diventarlo la cinepresa manipolata, quella condotta con il meravigliato stupore di chi ne osserva le sequenze, le (con)seguenze.
Nella visione del film, al treno si affianca l’altra macchina altrettanto complessa come il meccanismo del tempo, di ciò che non può incepparsi, né tantomeno interrompere il sogno di tutti.
Ho speso 10€ tanto vale il prezzo del biglietto compresa la sovrattassa per gli occhialini 3D.

Non ho speso invano il mio Tempo e ho rifatto il mio giro da “Taxi Driver” con le undici nomination agli Oscar. Andate anche voi e scordatevi, per 125 minuti, dello Scorsese alle prese con la psiche, la follia, gli inquietanti criminali.

Vi lascio con gli occhi di Hugo che osservano dai meccanismi impossibili da arrestare nella società industriale, coi sbuffi dei treni, coi grandi orologi e con la tristezza del suo sguardo disegnata e complessa quanto le dentate rotazioni di quei meccanismi.
Vi lascio con Hugo alla ricerca del messaggio di un padre, di chi potrà darvi una macchina umanizzata dalla presenza di una chiave a forma di cuore.

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