il ciclista solitario
Il solitario.
Cuore da 39 battiti al minuto
di Francesco Pasca
Andar per strade o percorrere qualunque territorio è anche incontrare un prototipo di bicicletta targato TO con in sella un torso atletico munito di slip nero letteralmente accovacciato in un tutt’uno fra il manubrio arricchito col suo cupolino e la sella prolungata in alettoni e catarifrangenti luminosissimi con applicato l’identificativo del capoluogo piemontese. Lo strano Oggetto non identificato, condotto con sorprendente linearità, senza il minimo sobbalzo o dondolio di chi arranca è il sorprendente moto rettilineo uniforme dei 40/45 Km/h, il suo rapporto è un 48/13, Il suo nome o meglio il nome del suo conducente è Federico Mazzei di anni quaranta.
Le vicende dell’uomo che scrive si incrociano da sempre con le vicende e gli aspetti per lui insoliti e che ne definiscono gli ambiti del dire “meno comuni”.
la Pietra dell'ovvio
La Pietra dell’ovvio
(le veneri parabitane)
di Francesco Pasca
Domenica 08 novembre 2009 usciva su ilPaesenuovo un mio articolo su Claude, su Lévi-Strauss, con quello scrivere davo corso e conto, per il mio verso, alle leggi di una logica governata dall’intelligenza di quell’illuminato scienziato e alle variabili considerate da lui comuni negli uomini. Come tutte le considerazioni che restano tali, anche queste non hanno mai cessato di essere da me osservate in quel profondo che può essere persino il sogno o la capacità della trasformazione, a volte per propri usi e consumi.
Di Claude, allora, usufruii delle sue analisi, di quelle che hanno dato origine all’illusione totemica. Dell’antropologo ho imparato la visione del mondo.
Oggi riprendo l’argomento e non per riparlare di Claude ma per il significato e l’ampiezza che può avere l’Oggetto quando è l’uomo ad assumerlo ad Oggetto, cioè ne descriverò la metodicità del primate che ha lasciato, a noi non ultimi suoi eredi, la facoltà di distinguere gli atteggiamenti e prendere gli opportuni consigli confrontandosi con la natura. Condurrò questo mio nuovo esercizio con la progressione geometrica del “creare” come insegnato e in un rapporto costante tra natura/cultura. Dall’immensa Cultura dell’amico Claude, l’antropologo, genererò una piccolissima parte dell’esperienza diretta con l’Oggetto, nello specifico con l’Oggetto Pietra e chiamerò il generato: “della Pietra e dell’ovvio”.
Pertanto, in quel cammino vi troverò dapprima la pietra filosofale, poi quella detta della soglia di Pietro, quella miliare, quella di confine, la preziosa nonché la fastidiosissima pietra che ama danzare nel nostro quotidiano calzare ed infine quell’amato uovo di Pietra, la Pietra di Sole.
Da qui: Chissà come è stato veramente il nostro “Ad-amo” alle prese con la consegna del sé al mondo? Amo immaginarlo nell’ovvio e con quell’ovvio avrà dovuto fare i conti. Di ovvio, v’era, senza ombra di dubbio la sua sopravvivenza, poi avrà fruito e digerito con lo spirito e con il corpo l’esigenza e, con l’uno o con l’altro, ne avrà tratto conseguenza di esistere. Dapprima lo vedo avvolto nell’inconsapevole, poi, con la possibilità di toccare, di dare corso alla manualità.
il cappello
Datemi un “cappello” e vi solleverò il mondo,
“quando, lo dico io.”
di Francesco Pasca
Date un “cappello” e il nuovo possessore ne farà il migliore degli usi. Date un grado appena visibile su quel “cappello” e lo vedrete trasformarsi in un grado degno di un condottiero. Date l'autorità e vedrete un’autorità nonché l'abuso.
Sin qui niente di nuovo sotto il sole, è il quotidiano da prendere come pillole di saggezza. Di solito scrivo racconti e, così come ho imparato e gusto. Lo faccio con ciò che, comunemente, è l'ingrediente minimo per uno scrivere, con la magia di un tastiera o di una penna. Lo faccio con il surreale o il nonsenso, con quanto può essere ricondotto al classico: Non e' un capello ma un crine di cavallo uscito dal …, e, a volte, faccio assumere valico da ottenere la paziente costruzione di quel non reale. Questo pregiudizievole e per me piacevole e ingannevole intoppo non mi ha mai impedito di scrivere sul quotidiano, sul reale-reale, sul vissuto. Per questo, è dell’avventura quotidiana che voglio parlare, della mia personale avventura generata per aver un disturbo visivo all'occhio, al mio guardare "sinistro”. La necessità ha costretto me a varcare per più di qualche giorno il cancello della pratica per curarlo, dell'Azienda Ospedaliera di eccellenza del nostro profondo Sud. Solerte come sempre e con dovuto appuntamento mi sono presentato al cancello, al valico di frontiera del chi è nel bene e nel male e fra chi dona e riceve, fra chi amorevolmente fa visita o si cura.
l'interrogativo surrealista
Aiuto!
M’è caduto l’interrogativo.
Il mal d’essere, Poeti e Poet’astri.
E, i surrealisti?
di Francesco Pasca
Premessa surrealista: Non nel veleno per anime “forti” dove non c’è humor ma “seria” poesia e incazzata protervia mimata da arriccio di ciglia accompagnata da scazzi, non in animi sufficienti per stronzate dette da altri, non nel luogo all’insegna del male che è ovunque, PoetA-Astro, non è lì quel territorio e il tuo racconto.(da pensieri minimi di f.p.)
Poesia surrealista di Louis Aragon(1897–1982): La realtà (favola da «il contadino di Parigi») «C’era una volta una realtà/con le sue pecore in lana reale/la figlia del re passava per là/Le pecore belano Dio quant’è bella/ la re la re la realtà.[…] altà altà la re/altà altà la re
altà/La reà la reà/eà/la re la realtà/c’era una volta la REALTÁ.»
Vale la pena dire la verità? Beninteso, quella sulla salute letteraria intendo, l’opinabilità generalizzata è lasciata alla divulgazione del singolo.
Bene! Si scriva Ahimè!
Se si verga, vorrà pur dire che è stata posta una domanda preceduta da una affermazione, dallo sgomento provato?
Si scriva Bello!, poi, anche Brutto!
Se s’adopera vorrà pur dire che vi è stata ragione cercata con precedenti domande. Sarà forse per meglio capire? Nel ritornello di sempre, questi, i diranno: suvvia, occorre essere tolleranti e si consiglierà l’essere ecumenici. Se si tace è meglio. Se si scrive, solo in quel caso, le verità potranno essere tante. Se vi è il “criticare” si usi il tonante dire, per costruire; se vi è il “reclamare” si usi educazione, l’equivalente dell’usare mattoni di sabbia per quando si andrà a porre l’affermare.
L’ahimè non è più la serrata meraviglia dubitativa, riflessiva, esclamativa. Il bello e l’essersi immerso, casualmente nel brutto, quindi, potrà andare a farsi bacchettare, qualcuno ha deciso il contrario con: è inutile chiedersi, cercare, basta bagnarsi e lasciarsi scorrere; è il sufficiente; è l’identico del tacere; è l’indispensabile per essere di tutti; è il più remunerativo degli atti da compiere per il tuo animo di imbelle non surrealista.
Cecità
Cecità.
Storia in un giorno di acqua e anice.
di Francesco Pasca
Mi hanno parlato di faglie che “scorrono” e di “continenti” che si accavallano. Mi hanno detto della “Pangea” di ciò che prima era unito e poi dell’allontanamento da un sé, da qualcosa che ha deciso di prendere le distanze, acquisire le differenze, staccarsi dall’anonima configurazione di un tutto e diventare invece il più di tanto. Mi hanno edotto sul nucleo che è fuoco, che il fuoco trasforma e che l’aria ossida i metalli, che l’acqua è anche fuoco e porta con sé le parti di un tutto e che tanti altri elementi generati si ricombinano con altri ancora non per solo sommarsi ma per aggiungersi ai tanti. Mi hanno detto che si scontrano non solo le faglie ma anche ciò che è infinitamente più piccolo e se violentemente costretto a collidere quest’ultimo nello scontrasi genera la formula dell’ E=mc2. Ho letto di altre formule che attendono a nuove energie. Ho fatto meraviglia delle mie visioni e delle mie illusioni conoscendo non solo nelle favole la Fata Morgana. Mi hanno “convinto” che esistono guerre e mezzi intelligenti per attuarle e rassicurato della loro potenza e sicurezza chirurgica. Non ho saputo sorridere alla “intelligenza” di chi mi sottoponeva l’imbecillità. Ho viaggiato sulla palla di cannone insieme al Barone di Munchausen e il mio gemello sulla terra si è nel frattempo invecchiato.