Thea
Nascita dell’Idea(parola).
All’uomo per dare luogo alla parola occorse generare l’idea, l’atto creativo da far diventare risultato accompagnato dal “gioco” sottile delle alternanze fra vocali e consonanti, fra pause e accenti, fra respiri di parole lunghi e corti.
Per raccontarvi cosa avvenne in quell’origine andrò indietro nel Tempo e, raccontando quel che accadde a me uomo. Disegnerò quanto è, e verrà definito, in: “Cosmogonia della parola”.
Così ebbe, tutto, ad iniziare.
Nel Luogo più improbabile dell’UNI-VERSO, lì, stazionava Thea, Madre di tutte le Cose e Parole, predisposta a danzare per me uomo sull’Oceano Primordiale.
La Bella Signora iniziò a danzare, a farlo nell’impazienza fra cielo e terra e fra terra e mare. Thea girava, girava e in quel Luogo ebbe a crearsi un imbuto di vento, un filo contorto di segno poi divenuto, col tempo, un grosso spago, colmo, intrecciato dai tanti fili colorati, era arricciato, tessuto su se stesso.
Quel groviglio di filo andò a raccogliere quanto vi era intorno sparso, disordinatamente, e, altrettanto disordine ebbe a moltiplicarsi, a prendere strana forma di vento.
Tutto accadeva lì, proprio lì, in quell’intorno di fili.
Le svariate povere cose con brandelli di segni, già dal nulla sortiti, iniziarono a prender forma, suono, e s’andarono aggrumando prima, separandosi poi nel diversificarsi. Thea faceva tutto questo per me uomo e nel silenzio di quel grande frastuono. Così è che, danzando, creò per me il mondo, e, nel distribuire poi gli elementi e nel concedere a me uomo le sue regole, unì il suo disordine e quel tutto in uno stretto legame.
Furono così le 6 componenti, quelle del suo Caos. In quell’improbabile divise poi quel tutto adoperando il numero 3, l’imperfetto-perfetto. Un primo 3 fu dato dall’aritmetica, dalla geometria e dall’armonia. Un secondo 3 formato dal lessico, dalla sintassi e dal discorso. In quel Poi, con la prima terna qualificò gli elementi, e, con la seconda dispose il suo tutto ed ottenne: Dalla prima le Forme; dalla seconda il loro Ordine. Ma da quel che lei intendeva, da ciò che era nato dal suo Caos, qualcosa sfuggì. Il controllo sperato di Thea sulle Cose e sulle Parole non ebbe a sortire “LA PERFEZIONE” e a me uomo, rimasto lì ad osservare muto, toccò l’Origine di ogni sua parte. Da uomo già imperfetto ero ancora una volta a districarmi in altrettanta imperfezione e fu così che ne feci, dapprima il Gesto-Segno, poi la Parola, poi la Poesia.Tutto questo avvenne ed avveniva nella distrazione di Thea. Ella è così che continuava ad essere incantata e, dal suo stesso volteggiare, presa sempre più dal ritmo del suo piacere. Finalmente chetatasi e finito il trambusto, quel filo di segno si afflosciò, così, come quel ritmo frenetico e non si udì più alcun rumore. La danzatrice Thea prima confusa e poi via via sempre più padrona di se, assegnò a me uomo il frutto di quella smemorata parte di mondo, di quel destino di universo e iniziò anche ad approfittare del mio Tempo.
Mi fu detto:che ero libero di prendere qualunque decisione sul mio destino; che ero lasciato libero fra il chiedere e il domandare; che toccava a me l’opportunità di chiedere a Lei 3 Cose. Dal ché chiesi il Fuoco, l’Idea e il Tempo. Con malizia umana nascosi i perché di quelle scelte, pensavo di utilizzarle a mio modo. Infatti, della necessità del Fuoco e degli elementi ad esso collegati, pensai che avrebbero, a me uomo, consentito, poi, la sopravvivenza. Della necessità dell’Idea ebbi a supporre che avrei potuto inseguire la Conoscenza. Della necessità del Tempo, che ne avrei saputo leggere l’Universo e dominarne le sue leggi. Thea non poté rifiutare alcuna di quelle richieste, ma divinamente e scaltramente impose a me uomo delle condizioni. Del Fuoco, suppongo pensasse: --- è mia proprietà, l’uomo dovrà desistere --- ” Dell’Idea, suppongo pensasse: --- cosa sarà mai? --- Thea il fin qui richiesto l’offrì senza condizioni né convinzioni. A me ingegnoso uomo toccò gioire di quell’opportunità e, in particolare, andai a individuare le Idee e a sostenerle. Ebbi a domandarmi: --- Ci si può innamorare di un’Idea? ---, ---Può, questo composto di piccoli-grandi impulsi, divenire la combinazione possibile per la comprensione dell'ulteriore stimolo ad un me esterno?--- --- Chi mai le avrebbe chiamate Pazzia, Ricerca o “espressione”?---
Dal che:---L’IDEA è l’unica possibile per la liberazione dal dolore---;---L’IDEA è come la conoscenza disinteressata delle "Cose" in un puro progetto---;---L’IDEA è come l’occhio vigile sul mondo e sull'Arte che ne è espressione del sé, dell’AMORE, quindi, capace di sottrarre i mali dalle catene dei bisogni---.
Ed ancora che:---L’IDEA è come forma catartica e liberatrice, architettura e tragedia, nonché auto rappresentazione---.
Ed ancora che:---Dall’ IDEA scaturisce la musica rivelatrice delle volontà e di se stessa---;--Dall’ IDEA si ottiene la metafisica e la mimetica presenza dei suoni al di là del sé---;---Dall’ IDEA si giunge alla contemplazione estetica liberata dal dolore, estraniata---.
Ed infine che:---L’IDEA è come filo colorato che non alberga in noi ma accanto a noi---.---L’IDEA è pronta per essere colta, sfilata dal groviglio accumulato intorno alla Conoscenza---.
altresì che:---In quel filo vi è albergato il luogo alla Saggezza, ma anche della inconsapevolezza---.---In quel filo anche il predisposto al “gioco” sottile della Creatività---.
A me uomo, per quel non poco, toccò lasciare nel vago la Saggezza, regalarla ad una specie non ancora identificata. Toccò pensare invece al groviglio colorato di quei fili, a come sarebbero stati poi afferrati e affermati nella mente o se ve ne sarebbero stati anche di invisibili. Toccò pensare a quest’ultimi come a fili da accedere inaspettatamente e sfilarli. Per questo il mondo si stratificò di tanti fili colorati, per questo si diede luogo all’intuizione e alla scoperta. Fu così che a me uomo toccò imparare ed anche insegnare, infatti: da un ragionamento astratto sorse l'imperativo; da un'esperienza vissuta nacque il sentimento della pietà; dal nulla relativo divenne la pace, la serenità, l’abbattimento dell’Io e del Soggetto. Ma in tutto questo anche a me uomo toccò dimenticare e fu così che non chiesi e non mi furono detti i perché. Fui lasciato a credere il possibile e anche l’impossibile e persino il perchè ad alcuni non toccherà mai INNAMORARSI Dell'IDEA. A Thea in quel tempo sembrai innamorato, e, con l'IDEA della PAZZIA e della RICERCA, da quel momento, per lei, iniziai a produrre ARTE e a me uomo non s’ebbe il bisogno di aspettare di trovarmi nudo o vestito per provare vergogna. Per Thea, a me uomo, fu sufficiente pensare di essere già nudo e di non vergognarmi. A Thea, dunque, non rimase che assegnarmi la terza ed ultima richiesta, Il Tempo. Era lei stessa a gestirlo il Tempo e la sua scaltrezza fu nel frapporre fra il suo tempo e me uomo uno strano palindromo “ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR”. Con il ricorsivo si assicurò che, qualora fossi stato in grado di svelarne il suo enigma, Lei, me lo avrebbe concesso ma aggiungendo altrettante condizioni.
A me Uomo toccò trovare la soluzione “giocando”. Il me uomo lo fece nella maniera più nobile del gioco, quella del bambino che apprende conoscenza nell’inconsapevole strada che si auto-costruisce. Infatti, al me bambino toccò mettere insieme alla fantasia la ragione, e, dandomene ragione divenni pari ad un cantastorie e a un guarda stelle. A me uomo-bambino, A me Giano, toccò appropriarsi lentamente del Tempo e fu così che, da sempre, trascorsi le ore sui rami dell’Albero della Vita d’Otranto, a cavalcioni e con il fico in bocca, guardando il Palindromo di Pantaleone.
Quel Giano fu così che si trasformò in “CANTACOSE”.
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