MAUS
da MAUS a CAT
di Francesco Pasca
Caro Amico della mia Memoria,
oggi ho lavorato come una formichina. Ho scritto, a mano, una per una le persone che si sono trovate, loro malgrado, nella stessa storia e mia memoria. Oggi ho sofferto con loro. Il lavoro si è pagato da sé, e, per questo, mi sento “Bello”. Mio buon amico, proprio “Bello” e non soddisfatto, perché, mi son detto: «Non sono affatto contrario alla memoria collettiva; non è questa la solita retorica ed il bello può totalizzarci.» Sento in modo diverso. Oggi, sono presuntuosamente Bello. Naturalmente, ho deciso di mostrarmi alla e con la luce, e, con gli eventi di una memoria, regalare anche agli altri la mia bellezza, la stessa luce. Oggi la mia memoria, fattasi Bella, può essere per la Pace dei Popoli, per tutti.
Caro Amico, ho già sofferto.
Ora, anche tu, sei Amico dei miei ricordi. Io oggi ricordo. Tu! Ricordi? Vedi quella casa bruna, due piani, uno stile severo, laggiù in fondo, in cima alla salita, quella che porta in via San Giovanni sul Muro? Ebbene, quella casa è un casa come le altre. Lo è perché per noi non può essere diversa. Ma, è diversa per molti per non averla mai resa uguale certa Storia. Quella casa, lì, all’ultimo di quei piani, all’angolo in alto da cui, se rivolgi la memoria degli occhi, vedi ancora rovesciarsi un balcone, lì, è la sede della Memoria. Ve ne è una in ogni via, in ogni città, in ogni parte del mondo. Quell’indifferente mostrasi non è un luogo qualsiasi, è il luogo di tutti. Una Memoria attiva da sempre. Essa promuove la ricordanza, raccoglie la mia, la tua, la nostra Storia, rovescia da quel balcone la verità, impedisce di farmi e farti arretrare nell’oblio, frantuma il mio ed il tuo ricordo in mille rivoli e rinverdisce tutti. È ormai lì da molti anni ed è, in quel luogo, in corso uno strano lungometraggio che ha per nome: “La Memoria della Salvezza” o se preferisci separare, “La Memoria” e “la Salvezza”. Da tempo è la mia sede di ricerca. Come ben sai, la strategia di molte famiglie è conoscere l'atteggiamento della società civile nei confronti dell'emergenza, della Shoah e delle Foibe lo è stata l’ultima volta. Quella casa non vuole solo raccontare, ma ricordare a te la “semplice” complicanza di una persecuzione voluta. Si sa, gli uomini da sempre perdono la ragione. Quella casa con quel balcone oggi è tornata a parlare, parla anche a te con voce diversa, racconta anche, paradossalmente, che la Vita è Bella e rivolge a te, a me, a tutti e, altre attenzioni pone, per farcela apprezzare, per documentarci con i mezzi della mia, tua stessa ragione. Credo che camminare per quelle stanze sia un buon filmato da considerare, un filmato che può essere speso bene se visionato nell’instancabile contrastare di un pregiudizio. Anch’io caro Amico ho bisogno di ricordare, mi occorre per rispettare. Lì posso incontrare quanto è stato scritto ne «Il libro dei Popoli». Lì, i pregiudizi sono stati introdotti solo dalla tua dimenticanza. Lì trovo le testimonianze dei tanti sopravvissuti che compongono un grande racconto corale del loro vissuto. Lì fanno vedere chi venne deportato. Come ben sai, quelle donne, quei vecchi, quei bambini, quelli che ebbero l’assurdità di un appellativo di Uomini, furono oltre ogni immaginabile oltre, e, quell’immaginabile, si diresse su freddi binari le cui vite si assomigliarono nel diverso e ne divennero fra loro tutte vie parallele. Quasi tutte furono le linee delle loro mani dirette ad Auschwitz. Lì, in quella casa, vi è la Storia che intreccia i sogni con la rabbia che è chiamata rassegnazione. Lì, vi sono le menti smarrite che vengono sublimate dai nostri sensi di colpa, c’e persino la speranza che non è coniugata con la vita e vi è una vita che non parla del ritorno.
I fortunati di quella rabbiosa non speranza oggi sono come me, vivono nella ricordanza. Lì, se non si è attenti, potremmo … vi potremmo scorgere il ritorno, il ricordo di una non memoria. La eco da quel 1943 si è più volte ripetuta ed è rimbalzata sempre come frammenti di parole scritte sui muri di una nuova vergogna. In quel Luogo che porta in via San Giovanni sul Muro l’attenzione non è mai mancata, quindi, il Giorno con la Bella luce è diventato vetrina ripetuta, ma, lo sai, non vorremmo sempre riproporla. Mio caro Amico, quel balcone, Tu come lo vedi? Ti sei accorto che rovescia la Storia? Oggi non puoi più essere sicuro che non t’inondi, che quei riflettori puntati non siano come quel filo spinato che ci mordeva le mani. Penso che il modo migliore per ricordare la Pace non è ricordare il passato che fu Guerra, ma guardare, interpretare il presente. Devi continuare a chiederti: «Cosa posso fare perché questo non riaccada domani.»
Questa lettera è stata dettata da un libro che è capitato e che continua a ritrovarsi tra le mie mani.
Di solito un romanzo si esprime e si dipana con le parole, si attarda nella storia descritta e la rende accattivante con la scoperta dei personaggi che la costruiscono. Nella sostanza grafica, raramente, un romanzo è reso con una preponderanza comunicativa dettata dal disegno, ancor meno con un disegno particolare che prende il nome di fumetto. Chi ha vissuto la stagione dell’infanzia con il fumetto nascosto sotto il materasso per varie ragioni culturali che non sto qui a descrivere, pur leggendolo e gustandolo visivamente, lo ha dovuto, in quel tempo, consegnare a quella sua strana appartenenza, alla condizione di sottoprodotto della letteratura, ma lo amava. Quella consegna, col tempo, si è ritrovata, poi, nella sua giusta collocazione tanto che, giunge fra le mani e sotto gli occhi anche con il nome strano, quello di Maus. Di quei riquadri parlanti, personalmente, ne avevo già visto un’edizione su una rivista di fumetti statunitense dal titolo strano, “Raw”, nel 1980. Quel racconto visivo di un sopravvissuto si mostrava a puntate e nasceva tra le mani di un disegnatore nel 1973. Nel 1991 è giunto integrale. Nel 1980 iniziò, per me, il viaggio nel mondo dei computer e dei suoi meccanismi di manipolazione delle immagini, quel “raw” iniziava a gironzolare nella mia mente. Iniziavo ad assistere e a coadiuvare le trasformazioni di una forma dettata da un algoritmo di variazione random controllata. Di quel fascino resta ancora quella casualità e il ritrovarmi, come detto, fra le mani il Maus di Art Spiegelman edito per la Einaudi tascabili stile libero. Quel “Raw”, grezzo, tipico di un’approssimata descrizione di un’immagine, mi costringeva a leggere proprio per quella sua sapiente indeterminazione Underground. Qui, oggi, di seguito a quelle parole “digitali” sono attento a descriverlo e a rileggerne le sue significazioni semantiche. L’opportunità di scriverne mi viene data da una singolare testimonianza avuta presso L’Istituto “Pietro Siciliani”. di Lecce. Mercoledì 16 febbraio, alle 17,30 presso la sua biblioteca si è tenuto un 'Reading corner', un incontro di libera lettura dedicato agli scrittori ebrei, nell'ambito del mese della memoria. In quell’occasione ho condiviso la lettura di una pagina, di un racconto, di una poesia riguardo a quel tema, di un tributo alla memoria.
Gli alunni hanno letto e hanno dipanato il meravigliato loro interesse a scorrere le pagine di quel romanzo. Le pagine pazientemente fotocopiate sono ancora in bella mostra per raccontare i capitoli di quel romanzo. Sei capitoli di una prima parte e cinque di una seconda dove gatti e topi inseguono una tragica storia. Il fumettista americano Art Spiegelman coadiuvato da sua moglie Francoise Mouly si meritavano il premio Pulitzer nel 1992. Il topo della nostra memoria fumettistica diventava allegoria, dimensione tragica di una narrazione. Altrettanto tragica è la dimensione del gatto che incrocia il proprio destino con una strana sovrapposizione onirica. È strana la nostra esistenza ci fa a volte identificare, sovrapporre e sostituire. Pensate, nel 1943 Adolf Hitler ed il suo ministro degli armamenti Albert Speer ordinarono a Ferdinand Porsche un prototipo di carro armato dapprima nominato Mammut poi ridenominato Mäuschen (topolino). Guarda il caso, Il Maus (topo) trasformato da oppressore in perseguitato e ancora da perseguitato ad oppressore.
Attenzione alle visioni, possono indurre all’errore. Per fortuna esiste la scuola e ai ragazzi è stata assegnata la lettura di un fumetto da parte di un professore .
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