UNIverso
L'innocenza della Vita
Guardare il Tempo
di Francesco Pasca
Guardarsi intorno è volgere anche lo sguardo indietro e andare incontro all’innocenza della vita, a guardare nel ricordo ormai a noi non più prossimo. Avviene per dare certezza alle nostre immagini, ai particolari dominanti, ai percorsi già segnati.
Credo sia anche la necessità di misurare i livelli di gioia e di dolore, di ritrovare l’equilibrio che certamente vi è stato e ha condotto a quel particolare ricordo.
Pandolfini ce lo annuncia nel prologo e lo conferma nell’epilogo.
Il testo ben scritto, scorrevole nelle parole, conclude con: «… sono le premesse per costruire un futuro migliore.»
É un bel libro, l’ennesima avventura editoriale di Manni che diventa la fotografia per non perdere la memoria e assecondare la vita, misura altra vita.
L’avvertenza del Pandolfini è dichiarata per far abbandonare l’obliare, è per far portare anche al lettore lo sguardo intorno, per volgerci indietro, per ricordare.
Niente è epilogo. Il quanto, di quest’ultimo, è il perenne percorso legato al “destino” esterno ed interno al mondo di tutti noi, alla coscienza e all’intelligenza, alla storia fra bene e male.
Ho pertanto seguito il remoto e silenzioso consiglio dell’autore, ho letto anch’io adagiandomi sommessamente con il passo da lui dettato e sono stato sommerso dall’ambiente narrato. Il tracciato del romanzo sebbene si svolga nella Sicilia occidentale ha avuto eco a me vicina.
Le parole utilizzate hanno avuto suoni familiari e si sono scritti differenziandosi. Seggiari e concia brocche, quartare e brummmuli, trispi e scupetta, campiere e pizzini sono divenuti suoni antichi.
Credo che descrivere, per lo scrittore, sia la magia dell’andare incontro, con le parole, alle immagini. Nel romanzo i mezzi utilizzati non sono solo dello strumento scrivere, si adoperano anche sottili tessiture, si suggerisce l’oggetto che, da lettori spesso è inteso come metafora necessaria.
Sardegna nuragica
Novità editoriali
dalla casa editrice Capone
Il nuraghe, originale costruzione megalitica, è il simbolo della Sardegna arcaica. Edificio suggestivo, che conserva tuttora il fascino dell’umanità più antica, non ha precedenti sulla faccia della terra. Alti, possenti, costruiti con grandi blocchi poligonali, a più piani, con corridoi e coperture a ogiva, e, quasi tutti, con coronamento sulla parte sommitale, i nuraghi impressionano quanti li osservano. Sono circa ottomila, alcuni in stato di conservazione sorprendente, altri, e sono purtroppo la maggior parte, in stato di desolante abbandono. I primi, i più antichi, risalgono al XVII sec. a. C., altri, i più recenti, all’inizio dell’Età del Ferro, X sec. a. C. L’imponenza e la tecnica costruttiva delle strutture ci ricordano le fortificazioni megalitiche di Tirinto, di Micene, di Hattusa, in Asia Minore, così come le grandi tombe a tholos dell’area egea e mediorientale.
Furono gli architetti e le maestranze sarde ad “esportare” la tecnica costruttiva megalitica o ci furono intrecci culturali tra le diverse civiltà che, influenzandosi vicendevolmente, diedero vita alle monumentali costruzioni presenti in tutti i paesi che affacciano sul Mediterraneo?
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Ovvero il “Cinguettio” da ramo in ramo
di Francesco Pasca
Su il PaeseNuovo del 15 settembre 2012 alle pagine Culture, in un testo di Luciano Pagano, leggo: da venerdì 21 lettura in rete del “Il romanzo osceno di Fabio twitta e tumblra”.
Luciano Pagano precisa: «Si tratta di una storia, se vogliamo una storia a pezzetti». Ci informa anche come e dove leggere quotidianamente “Il romanzo osceno di Fabio”. «Se siete iscritti a twitter basta followare @ romanzo osceno (http://twitter.com/romanzosceno); se siete iscritti a tumblr basta followare romanzosceno.tumblr.com; se non siete iscritti né a twitter né a tumblr basterà andare sul sito http://romanzosceno.tumblr.com/ e inserire (se maggiorenni) la password “senso”».
«Troppo ghiotta la notizia per non farci su un pezzo, per non immergermi nella scrittura, per non scavare ancora una volta nel dire, nel fare».
Ops! Ho raggiunto e sforato di un carattere la fatidica cifra dei 140 caratteri. Ho fatto il mio primo non tweet, meglio dire un non twoosh, più precisamente ho scritto: 25 parole, 117 caratteri spazi esclusi, 141 caratteri spazi inclusi. In definitiva 1 dei tanti miei paragrafi che hanno avuto termine con il punto.