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  • della SINGLOSSIA
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da Edessa

Categoria: racconti
Pubblicato: Giovedì, 27 Gennaio 2011

Duemiladieci passi

per il teandrico di Edessa

 

di Francesco Pasca

  • primo passo: dal I secolo d.C. al 544. Anno dell’assedio persiano della città di Edessa e l’immagine teandrica come pallio della città;
  • secondo passo: dal 544 al 944. Trasferimento dall’anatolico-mesopotamica Edessa a Costantinopoli;
  • terzo passo: dal 944 al 1204. Sacco di Costantinopoli, trafugamento e trasferimento della Reliquia da Oriente ad Occidente;
  • quarto passo: dal 1204 al 1353. Un cammino di centocinquanta anni con arrivo della Sindone nella città di Lirey, Francia. Probabilmente lì condotta da un cavaliere crociato;
  • Quinto passo: tutto quello che si è detto ed in particolare quello-quelli della mattina del l’undici di maggio u.s.

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Gli Organismi dipendenti

Categoria: racconti
Pubblicato: Giovedì, 02 Dicembre 2010

Gli or(G)anismi dipendenti, ovvero dell'Uni-Verso del Potere.

 

di Francesco Pasca

 

In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia torna in auge il "Grande Architetto dell'Universo", per certi versi verrebbe da scrivere automaticamente: “Grande Fratello”, il voyeur della Storia, ma, non volendo fare dell’ironia, è del costruttore della Storia che cercherò di occuparmi. Non ultimo, di quest’artifizio, se ne trova riferimento nel libro di Umberto Eco “il cimitero di Praga”.

 

Ho appena “digerito” il suo contenuto ed ecco qui fra le mani il saggio di Vito Mancuso anch’esso appena concluso, letto. Il titolo è stato accattivante tanto da depredarlo non appena ne sono venuto in possesso. È “La vita autentica” per Raffaello Cortina Editore pagg. 171. Il saggio diventa l’attenta suddivisione dell’Autore in sguardi principali, due per la precisione:“La vita come libertà” e come “l’autenticità”.

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Demoni

Categoria: racconti
Pubblicato: Mercoledì, 19 Agosto 2009


Demoni e Dei

 

Tra Demoni e Dei


da il Palindromo del Tempo
a proposito di Singlossia(Francesco Pasca-Poiesi[es])

 

 

 

Melancolia la bile nera (Melas+kholè), così è chiamata. Ora è quella strana figura accigliata e meditabonda ad appartenere ad Alber(t)o, l’Albrecht.

 

E’ attorniata da strumenti scientifici e di carpenteria sparsi intorno e lungamente meditati. Una clessidra è come il ricordare quel Tempo, segna il Tempo e lo scorre.Quella matematica dell'arte del costruire è dettata da segni visibili dove ordine e disordine fanno vuoto e pieno, pensiero e umore, ansia e immotivata tristezza, sfera e tetraedro come desiderio e certezza. Alber(t)o è come se si portasse sulle spalle il peso dell’Albero della Vita insieme al quadrato magico di Giove. Lo vedo rovistare nella sua memoria e ricordare le leggi del binario, del ternario, del quaternario, del quinario, del senario, del settenario, dell’ottale e del novenario. A ricordare altri quadrati magici appartenenti a Saturno, a Venere, a Marte, al Sole e alla Luna. Ognuno di essi obbedisce sempre e comunque alla stessa legge. Assecondare i bisogni.

Dal due al nove, quei segni sono sempre lì a ricordarci qualcosa, come a raccontarci l’età di un positivismo trionfante, come a sostenere l’impossibile sempre e comunque purché accompagnato dalla ragione. Il quadrato del tre è detto di Saturno, con la sua costante magica di ogni riga o colonna o diagonale, al pari di quello di Giove, rispettivamente dà sempre quindici e trentaquattro. Così come, il quadrato di Giove, è pronto a ricordare come Alber(t)o lo attribuisse anche alle icone del transetto del monaco Pantaleone da Casole.

 

Quadrato magico di Giove

 

E poi ancora il Sole con sei caselle, da uno a trentasei, la cui costante è centoundici. Venere regola il numero sette, da uno a quarantanove con una costante centosettantacinque. Mercurio ha otto, da uno a sessantaquattro, costante duecentosessanta ed è la scacchiera. La Luna regge il nove e con la sua costante di trecentosessantanove si distribuisce dall’uno all’ottantuno.

Ed infine Marte con il suo cinque, da uno a venticinque, a reggere la sua costante magica di sessantacinque.

Alla meditabonda espressione di Alber(t)o, corrispondeva l’atteggiamento assunto da Thea, “sufficientemente” consapevole dei significati che s’erano delineati. Ricordava quanto rappresentato da Simone Martini nella rappresentazione dell’ Annunciazione. In particolare, come questi accompagnò la “Parola” dell’angelo con il silenzio irreale del fondo oro sullo splendido dipinto su tavola.

Quella “Parola-Suono”, sebbene pronunciata nel vuoto provocato da quell’oro, diventava molto simile a quella sottratta, poi, nella seconda metà del XVII secolo, dalla macchina pneumatica di von Guericke e, non ne impedì, contro ogni legge fisica, di raggiungere la sua sensibilità di I(dea).

In quel silenzio irreale era pronta a parlarmi della mia Singlossia e di come, quella parola “silenziosa”, avesse assunto il rimando di un’altrettanta testimonianza Verbo-Visiva, rivissuta dallo stesso “silenzio”.

E’ lei , Thea, l’I(dea), a smuovere il loro ordinato succedersi, a rincorrere quel muto rumore dei numeri. Ancora una volta, Sole e Luna, già preposti ad inseguirsi, ora assumono la natura logica d’appartenenza nel loro finito Universo, diventano gli occhi vigili. Percorrono la scacchiera del dualismo perpetuo, del fragore titanico, del rigore binario e della costante di n(n^n+1)/2.

Il Sole è anch’esso come Nous e al contempo discreto Neo bianco di galassia, come Tempo indeterminato di Tempo, come lento centro di un centro. E’ lì ad assecondare e ad appartenere al suo frattale cosmico.

Disegna il quadrato magico e ne è specchio del suo senario da uno a trentuno ed in virtù della sua logica ottiene nei suoi opposti la somma del risultato di sé.

31+6=37, 36+1=37…

Ordinato e provvisoriamente scomposto, rielabora le proprie macchie. 32+5.

Ma non ha logica rilevante se non quell’andarla a cercare, scovarla nei loro assurdi susseguirsi di numeri.

Come i peccati segnati dall’ombra di quell’Albero è l’eco di sé e si ripete, rimbalza sui quattro angoli del suo esistere.

E poi, ancora la sua costante in centoundici (37x3).

E per tre volte, cantò il gallo.

Quadrato magico del Sole

La Luna, costola del suo principio creatore, anch’essa, ammicca come nautilius, come murice fossile, come ammonite di vite senza fine rotante ed è foglia, figlia del mio-suo Albero, l’Alber(t)o.

La Luna è lì, legge ed è Legge. Segna il suo corso e l’asseconda.

I frammenti di sé sono nitidi e chiari, ordinati, così come voluti dall’I(dea) in questo avvicendarsi. I granelli silicei della mia-sua memoria s’affaccendano a seguire le forme sempre più complesse e divise da altrettanti piani diversi e disposti in quella quieta libertà di mondo numerico apparente. E’ ancora la Luna a ritagliarsi, modellarsi come i pilastri della storia e a disporsi completamente nuova, rotonda, armoniosa. I Segni lasciati da impronte di senza-tempo, dimenticati, dormienti, ma di misura matematica di spazio brunelleschiano, prospettico. Come novelli Giuliano e Lorenzo, danno il via alle nuove allegorie del Tempo e sono la Notte ed il Giorno, l’Aurora e il Crepuscolo. S’agglomerano compatti e diversificati nell’essere dolorosi nel risveglio e malinconici nel Crepuscolo, pesanti e aggrottati nella Notte ed invece solerti e pieni d’energia nel Giorno. La forza è riassorbire e bruciare, dare all’accigliato Alber(t)o la certezza di tondo quadrato di Luna.

I suoi ottantuno numeri nell’identico esistere dei suoi novenari contrari e costanti. Certezze su cardi e decumani di trecentosessantanove per due volte e per 18 delle sue 65 insulae.

((369:9)x2) =82

Era Thea, adesso, a domandarsi del suo errore, del perché l’aver concesso ad Alber(t)o l’Idea. L’essersi essa stessa concessa ad essere spogliata dai numeri e portata al pari di quell’infinità di quei granelli di tempo a sgorgare dalla sua clessidra. Nella sua nudità e trasparenza, quei numeri, gli apparivano sparsi e al contempo in attesa.

Quadrato magico della Luna

Fu così che Thea, danzando e creando il mondo, nel distribuire gli elementi e nel concedere all’uomo le sue regole, unì in uno stretto legame le sei componenti del suo Caos.

Divise il tutto adoperando il numero tre, l’imperfetto perfetto. Nacque l’aritmetica, la geometria e l’armonia ed ancora il lessico, la sintassi e il discorso. Infatti, con la prima di ogni gruppo quantificò le sostanze e gli elementi, con la seconda dispose, con la terza ordinò.

Quell’I(dea) sfuggì al suo controllo e all’uomo toccò l’Origine.

Nacque dapprima il Gesto-Segno, poi la Parola, poi la Poesia, poi la Singlossia.

 

Carme quadrato ricorsivo di ONORARONO combinato palindromo

con Mito, Ora, Ramo, Atomo, Roma, Ara.

 

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