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il ciclista solitario

Categoria: racconti
Pubblicato: Mercoledì, 03 Ottobre 2012

Il solitario.

Cuore da 39 battiti al minuto

di Francesco Pasca

Andar per strade o percorrere qualunque territorio è anche incontrare un prototipo di bicicletta targato TO con in sella un torso atletico munito di slip nero letteralmente accovacciato in un tutt’uno fra il manubrio arricchito col suo cupolino e la sella prolungata in alettoni e catarifrangenti luminosissimi con applicato l’identificativo del capoluogo piemontese. Lo strano Oggetto non identificato, condotto con sorprendente linearità, senza il minimo sobbalzo o dondolio di chi arranca è il sorprendente moto rettilineo uniforme dei 40/45 Km/h, il suo rapporto è un 48/13, Il suo nome o meglio il nome del suo conducente è Federico Mazzei di anni quaranta.
Le vicende dell’uomo che scrive si incrociano da sempre con le vicende e gli aspetti per lui insoliti e che ne definiscono gli ambiti del dire “meno comuni”.

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la Pietra dell'ovvio

Categoria: racconti
Pubblicato: Venerdì, 10 Agosto 2012
Scritto da Francesco Pasca

La Pietra dell’ovvio

(le veneri parabitane)

di Francesco Pasca

Domenica 08 novembre 2009 usciva su ilPaesenuovo un mio articolo su Claude, su Lévi-Strauss, con quello scrivere davo corso e conto, per il mio verso, alle leggi di una logica governata dall’intelligenza di quell’illuminato scienziato e alle variabili considerate da lui comuni negli uomini. Come tutte le considerazioni che restano tali, anche queste non hanno mai cessato di essere da me osservate in quel profondo che può essere persino il sogno o la capacità della trasformazione, a volte per propri usi e consumi.

Di Claude, allora, usufruii delle sue analisi, di quelle che hanno dato origine all’illusione totemica. Dell’antropologo ho imparato la visione del mondo.
Oggi riprendo l’argomento e non per riparlare di Claude ma per il significato e l’ampiezza che può avere l’Oggetto quando è l’uomo ad assumerlo ad Oggetto, cioè ne descriverò la metodicità del primate che ha lasciato, a noi non ultimi suoi eredi, la facoltà di distinguere gli atteggiamenti e prendere gli opportuni consigli confrontandosi con la natura. Condurrò questo mio nuovo esercizio con la progressione geometrica del “creare” come insegnato e in un rapporto costante tra natura/cultura. Dall’immensa Cultura dell’amico Claude, l’antropologo, genererò una piccolissima parte dell’esperienza diretta con l’Oggetto, nello specifico con l’Oggetto Pietra e chiamerò il generato: “della Pietra e dell’ovvio”.
Pertanto, in quel cammino vi troverò dapprima la pietra filosofale,  poi quella detta della soglia di Pietro, quella miliare, quella di confine, la preziosa nonché la fastidiosissima pietra che ama danzare nel nostro quotidiano calzare ed infine quell’amato uovo di Pietra, la Pietra di Sole.

Da qui: Chissà come è stato veramente il nostro “Ad-amo” alle prese con la consegna del sé al mondo? Amo immaginarlo nell’ovvio e con quell’ovvio avrà dovuto fare i conti. Di ovvio, v’era, senza ombra di dubbio la sua sopravvivenza, poi avrà fruito e digerito con lo spirito e con il corpo l’esigenza e, con l’uno o con l’altro, ne avrà tratto conseguenza di esistere. Dapprima lo vedo avvolto nell’inconsapevole, poi, con la possibilità di toccare, di dare corso alla manualità.

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l'interrogativo surrealista

Categoria: racconti
Pubblicato: Mercoledì, 11 Luglio 2012

Aiuto!

 

M’è caduto l’interrogativo.

Il mal d’essere, Poeti e Poet’astri.

E, i surrealisti?

di Francesco Pasca

 

Premessa surrealista: Non nel veleno per anime “forti” dove non c’è humor ma “seria” poesia e incazzata protervia mimata da arriccio di ciglia accompagnata da scazzi,  non in animi sufficienti per stronzate dette da altri, non nel luogo all’insegna del male che è ovunque, PoetA-Astro, non è lì quel territorio e il tuo racconto.(da pensieri minimi di f.p.)

Poesia surrealista di Louis Aragon(1897–1982): La realtà (favola da «il contadino di Parigi») «C’era una volta una realtà/con le sue pecore in lana reale/la figlia del re passava per là/Le pecore belano Dio quant’è bella/ la re la re la realtà.[…] altà altà la re/altà altà la re

altà/La reà la reà/eà/la re la realtà/c’era una volta la REALTÁ.»

 

Vale la pena dire la verità? Beninteso, quella sulla salute letteraria intendo, l’opinabilità generalizzata è lasciata alla divulgazione del singolo.
Bene! Si scriva Ahimè!
Se si verga, vorrà pur dire che è stata posta una domanda preceduta da una affermazione, dallo sgomento provato?
Si scriva Bello!, poi, anche Brutto!

Se s’adopera vorrà pur dire che vi è stata ragione cercata con precedenti domande. Sarà forse per meglio capire? Nel ritornello di sempre, questi, i diranno: suvvia, occorre essere tolleranti e si consiglierà l’essere ecumenici. Se si tace è meglio. Se si scrive, solo in quel caso, le verità potranno essere tante. Se vi è il “criticare” si usi il tonante dire, per costruire; se vi è il “reclamare” si usi educazione, l’equivalente dell’usare mattoni di sabbia per quando si andrà a porre l’affermare.
L’ahimè non è più la serrata meraviglia dubitativa, riflessiva, esclamativa. Il bello e l’essersi immerso, casualmente nel brutto, quindi, potrà andare a farsi bacchettare, qualcuno ha deciso il contrario con: è inutile chiedersi, cercare, basta bagnarsi e lasciarsi scorrere; è il sufficiente; è l’identico del tacere; è l’indispensabile per essere di tutti; è il più remunerativo degli atti da compiere per il tuo animo di imbelle non surrealista.

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